In tema di appalto ed in ipotesi di responsabilità per vizi dell’opera, «l’appaltatore, anche quando sia chiamato a realizzare in progetto altrui, è sempre tenuto a rispettare le regole dell’arte ed è soggetto a responsabilità anche in caso di ingerenza del committente» e, conseguentemente «la responsabilità dell’appaltatore, con il derivante obbligo risarcitorio, non viene meno neppure in caso di eventuali vizi imputabili ad errori di progettazione o direzione dei lavori se egli, accortosi del vizio, non lo abbia tempestivamente denunziato al committente manifestando formalmente il proprio dissenso, ovvero non abbia rilevato i vizi pur potendo e dovendo riconoscerli in relazione alla perizia ed alla capacità tecnica da lui esigibili nel caso concreto». Così la pronuncia della Corte di Cassazione, sez. II Civile, con la sentenza 9 maggio – 21 giugno 2013, n. 15711, che ribadisce un concetto più volte già espresso. Una cosa interessante è la distinzione indicata dalla Suprema Corte tra l’atto di «consegna» e l’atto di «accettazione» dell’opera. Il primo «costituisce un atto puramente materiale che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente», mentre, per l’accettazione, quest’ultima «esige, al contrario, che il committente esprima (anche per facta concludentia) il gradimento dell’opera stessa». La presa in consegna dell’opera non implica, quindi, di per sé, la rinunzia a far valere la garanzia per i difetti conosciuti o conoscibili, ma è necessaria la sua accettazione per l’esonero dell’appaltatore da ogni responsabilità.