Alessandro Lombardi Nessun commento

Un’apparecchiatura solleva malati cade e provoca la morte del paziente in cura presso la ASL. Vengono chiamati in causa il direttore tecnico dell’azienda produttrice dell’apparecchiatura ed il legale rappresentante della società manutentrice e condannati per il reato di omicidio colposo. A seguito di appello proposto dal manutentore, quest’ultimo era stato assolto, poiché non era stato ritenuto dimostrato che un’adeguata attività di manutenzione dell’apparecchiatura avrebbe potuto impedire l’evento mortale. Il ricorso fatto dal Procuratore Generale della Repubblica e dalla parte civile portano alla sentenza della Cassazione la quale si esprime annullando il giudicato della Corte di appello poichè il Giudice di primo grado motivava il fondamento dell’addebito di colpa nei confronti dell’imputato in quanto si “consentiva di dedurre che “il mancato controllo del serraggio del dado non può che essere ascritto ad un’operazione di messa a punto non effettuata a dovere” e di rilevare che “non è… concepibile che lo svitamento del dado possa sfuggire al manutentore professionale, il quale peraltro doveva essere allertato da quanto riportato nel libretto di manutenzione”, nel quale si poneva l’accento sulla necessità di periodico controllo del serraggio di tutte le bullonerie”.

(Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 19 giugno – 10 settembre 2013, n. 20724)