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Un gesto vale più di mille parole

In questo momento di preoccupazione, abbiamo soluzioni assicurative per tutelare i nostri clienti in caso di perdita di una figura apicale e di riferimento della nostra vita quotidiana. Le nostre TCM coprono le malattie infettive e loro conseguenze ( es. polmonite)  anche in caso di epidemie e pandemie, senza alcuna carenza, contratte dopo la decorrenza della polizza.

I nostri assicurati sono quindi, sempre coperti anche in caso di polizze nuove o di recente attivazione.

Ad Esempio: Uomo di 40 anni non fumatore, Capitale di € 100.000,00 a d un premio di  € 12,40 al mese con una semplice dichiarazione di buona salute.

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Polizze di primo e di secondo rischio – medesimo oggetto di copertura assicurativa


Un medico non dipendente dell’ospedale cagiona delle lesioni a un paziente che si era sottoposto a un esame coronografico.
La Corte d’Appello, nega il diritto del soggetto danneggiato all’indennizzo dovuto dall’assicurazione dell’ospedale in quanto il contratto escludeva la copertura della responsabilità della clinica per fatto illecito del personale sanitario non dipendente sino al limite di 750.000,00 euro.
Non la pensa (giustamente) nello stesso modo la Corte di Cassazione nella sentenza allegata (10 novembre 2014 – 12 marzo 2015, n. 4936) che si esprime nel seguente modo:
nel contratto di assicurazione della propria responsabilità civile stipulato da un ospedale (assicurazione per conto proprio), la clausola la quale preveda che la copertura assicurativa “operi in eccesso rispetto alle assicurazioni personali dei medici” ivi operanti va interpretata nel senso che, ferma restando la copertura a primo rischio della responsabilità dell’ospedale, la medesima polizza copra altresì a secondo rischio la responsabilità personale dei medici, secondo lo schema dell’assicurazione per conto altrui (art. 1891 c.c.).
La Corte esprime quindi un interessante principio in diritto: la polizza di secondo rischio può «operare in eccesso», rispetto ad altra polizza, solamente qualora i due contratti coprano il medesimo rischio (quindi, in tema di R.C, lo stesso patrimonio). L’assicurazione della responsabilità civile del medico operante all’interno della struttura sanitaria ha ad oggetto un rischio del tutto diverso rispetto a quello coperto dall’assicurazione della responsabilità civile della struttura in cui il sanitario si trova ad operare. Ne consegue che quest’ultima non può operare in eccesso rispetto alla prima e, pertanto, la Corte ha cassato la sentenza sul punto condannando la compagnia assicuratrice al pagamento del danno.

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Vizi di progettazione, responsabilità dell’appaltatore e differenza tra consegna ed accettazione.

In tema di appalto ed in ipotesi di responsabilità per vizi dell’opera, «l’appaltatore, anche quando sia chiamato a realizzare in progetto altrui, è sempre tenuto a rispettare le regole dell’arte ed è soggetto a responsabilità anche in caso di ingerenza del committente» e, conseguentemente «la responsabilità dell’appaltatore, con il derivante obbligo risarcitorio, non viene meno neppure in caso di eventuali vizi imputabili ad errori di progettazione o direzione dei lavori se egli, accortosi del vizio, non lo abbia tempestivamente denunziato al committente manifestando formalmente il proprio dissenso, ovvero non abbia rilevato i vizi pur potendo e dovendo riconoscerli in relazione alla perizia ed alla capacità tecnica da lui esigibili nel caso concreto». Così la pronuncia della Corte di Cassazione, sez. II Civile, con la sentenza 9 maggio – 21 giugno 2013, n. 15711, che ribadisce un concetto più volte già espresso. Una cosa interessante è la distinzione indicata dalla Suprema Corte tra l’atto di «consegna» e l’atto di «accettazione» dell’opera. Il primo «costituisce un atto puramente materiale che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente», mentre, per l’accettazione, quest’ultima «esige, al contrario, che il committente esprima (anche per facta concludentia) il gradimento dell’opera stessa». La presa in consegna dell’opera non implica, quindi, di per sé, la rinunzia a far valere la garanzia per i difetti conosciuti o conoscibili, ma è necessaria la sua accettazione per l’esonero dell’appaltatore da ogni responsabilità.

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Responsabilità del progettista e del manutentore di un’apparecchiatura

Un’apparecchiatura solleva malati cade e provoca la morte del paziente in cura presso la ASL. Vengono chiamati in causa il direttore tecnico dell’azienda produttrice dell’apparecchiatura ed il legale rappresentante della società manutentrice e condannati per il reato di omicidio colposo. A seguito di appello proposto dal manutentore, quest’ultimo era stato assolto, poiché non era stato ritenuto dimostrato che un’adeguata attività di manutenzione dell’apparecchiatura avrebbe potuto impedire l’evento mortale. Il ricorso fatto dal Procuratore Generale della Repubblica e dalla parte civile portano alla sentenza della Cassazione la quale si esprime annullando il giudicato della Corte di appello poichè il Giudice di primo grado motivava il fondamento dell’addebito di colpa nei confronti dell’imputato in quanto si “consentiva di dedurre che “il mancato controllo del serraggio del dado non può che essere ascritto ad un’operazione di messa a punto non effettuata a dovere” e di rilevare che “non è… concepibile che lo svitamento del dado possa sfuggire al manutentore professionale, il quale peraltro doveva essere allertato da quanto riportato nel libretto di manutenzione”, nel quale si poneva l’accento sulla necessità di periodico controllo del serraggio di tutte le bullonerie”.

(Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 19 giugno – 10 settembre 2013, n. 20724)

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La catena delle responsabilità per la vendita di prodotti pericolosi.

Il venditore al dettaglio di prodotti immessi sul mercato, che si sono poi rivelati pericolosi per la salute dei consumatori, può essere chiamato a risponderne anche se detti prodotti sono stati da lui acquistati presso un grossista?
La Suprema Corte di Cassazione – Sez. III Penale – (nella sentenza n. 8679, depositata il 24 febbraio 2014) afferma di sì, in quanto la definizione di “distributore”, fornita dal codice del consumo, è: “qualsiasi operatore professionale della catena di commercializzazione, la cui attività non incide sulle caratteristiche di sicurezza dei prodotti“, quindi molto ampia.
Continuano i Giudici aggiungendo che anche il concetto di “immissione sul mercato” dei prodotto ha un’accezione assai ampia, ricomprendendo altresì la fornitura del prodotto al consumatore finale da parte del rivenditore, ultimo anello della catena distributiva.
Il negoziante (in questo caso di giocattoli) deve quindi ritenersi penalmente responsabile.

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Qual’è il giudice competente per il danno da prodotto difettoso?

Un consumatore austriaco subisce un incidente a causa di un vizio di fabbrica della propria bicicletta acquistata in Austria ma prodotta in Germania. A seguito del sinistro viene avviata in Austria la causa per risarcimento danni nei confronti del produttore tedesco. La fabbrica tedesca si oppone adducendo l’incompetenza del giudice adito e indicando quale giurisdizione competente quella del proprio Stato di appartenenza.
La magistratura austriaca rimette il caso alla Corte di Giustizia UE (Sentenza 163 gennaio 2014, causa n. 45/13) la quale stabilisce che:
33. Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alle questioni proposte che l’art. 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001 deve essere interpretato nel senso che, in caso di contestazione della responsabilità di un fabbricante per prodotti difettosi, il luogo del fatto generatore del danno è costituito dal luogo di fabbricazione del prodotto di cui trattasi”.
Sentenza non certo favorevole al consumatore.

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Proprietà e detenzione di cani

Proprietà e detenzione di cani – obbligo di assicurazione e problematiche sulla responsabilità

L’ordinanza del ministro della salute 6 agosto 2013 (pubblicata sulla G.U. n. 209 del 06/09/2013) prevede, tra le altre cose, che i cani pericolosi (identificati all’art. 3 dell’ordinanza) quando circolano in pubblico devono indossare sempre la museruola ed il guinzaglio, oltre all’obbligo di stipula di una polizza di responsabilità civile da parte del proprietario. Norma chiara e che vale un anno in attesa di altri interventi da parte del Governo.
Può essere sfuggito invece il senso (e le relative conseguenze) di quanto previsto all’art. 1 comma 2. che prevede: “Chiunque, a qualsiasi titolo, accetti di detenere un cane non di sua proprietà ne assume la responsabilità per il relativo periodo”.
Poniamo il caso di una persona che, per andare a fare una commissione, chieda al vicino di custodire il cane durante tale periodo e che proprio durante tale periodo il cane arrechi dei danni.
La Suprema Corte di Cassazione si è espressa più di una volta ritenendo responsabile il proprietario dell’animale e non colui che lo custodisce (per tutte Cassazione civile, sez. III, 07/07/2010, n. 16023: “La responsabilità per il danno causato dall’animale, prevista dall’art. 2052 c.c., incombe a titolo oggettivo ed in via alternativa o sul proprietario, o su chi si serve dell’animale, per tale dovendosi intendere non già il soggetto diverso dal proprietario che vanti sull’annuale un diritto reale o parziale di godimento, che escluda ogni ingerenza del proprietario sull’utilizzazione dell’animale, ma colui che, col consenso del proprietario, ed anche in virtù di un rapporto di mero fatto, usa l’animale per soddisfare un interesse autonomo, anche non coincidente con quello del proprietario”).

La domanda per noi assicuratori: la polizza del capofamiglia del proprietario del cane copre anche (alla luce di quanto stabilito nell’ordinanza) la responsabilità di colui che custodisce l’animale facendo una cortesia e non lo “usa per soddisfare un proprio interesse”?

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Dispersione da corrente elettrica e danni conseguenti – chi ne risponde ?

Dispersione da corrente elettrica e danni conseguenti – chi ne risponde ?

Un bambino, mentre si trovava sul balcone di casa, appoggiando la mano sul tubo di una condotta idrica, cadeva al suolo privo di sensi. Trasportato in ospedale gli veniva diagnosticata una cerebropatia secondaria a coma da folgorazione.
I genitori del minore chiedevano il ristoro dei danni subiti da minore e convenivano dinanzi al Tribunale l’Enel, i conduttori dell’appartamento ed il proprietario-locatore.
Il Giudice di primo grado condannava l’ente gestore dell’energia elettrica.
La Corte d’Appello riforma della sentenza di primo grado, rigettando la domanda di risarcimento danni avanzata nei confronti dell’Enel, e condannava in solido tra loro i conduttori dell’appartamento indicando che l’evento dannoso si era verificato in quanto la dispersione della corrente elettrica dalla tubazione idrica si era determinata in virtù di un cattivo isolamento elettrico o per anomalo prelievo di energia.
Viene fatto ricorso in Cassazione, la quale, dopo avere osservato chi doveva fare che cosa in funzione dell’art. 2051 del c.c. tra il proprietario ed il conduttore dell’appartamento e l’ENEL quale fornitore del servizio, conferma la condanna a carico degli inquilini (sentenza 20 gennaio – 12 marzo 2014).

 

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Coordinatore per l’esecuzione dei lavori

La responsabilità del coordinatore per l’esecuzione dei lavori per gli infortuni sul lavoro.

La Suprema Corte di Cassazione interviene nel definire gli obblighi che deve osservare il coordinatore per l’esecuzione dei lavori che, nei limiti degli obblighi specificamente individuati dalla legge, si affianca a quelle degli altri soggetti destinatari delle norme antinfortunistiche (quali il direttore dei lavori o il committente).
Nel caso in specie la mancata attività dell’imputato (unitamente a quella del direttore dei lavori anche lui condannato) avrebbe permesso l’esecuzione dei lavori nel vano ascensore, all’interno del quale si era verificato l’infortunio di un socio lavoratore precipitato da un’altezza superiore a due metri.
La sentenza della Cassazione (6 maggio 2013, n. 19382 allegata) stabilisce anche che l’attività di questa figura professionale comprende, non solo l’istruzione dei lavoratori sui rischi connessi alle attività lavorative svolte e la necessità di adottare tutte le opportune misure di sicurezza, ma anche la loro effettiva predisposizione, nonché il controllo continuo ed effettivo sulla concreta osservanza delle misure predisposte al fine di evitare che esse siano trascurate o disapplicate.

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Infortunio del dipendente – denuncia del datore di lavoro

Infortunio del dipendente – denuncia del datore di lavoro come confessione stragiudiziale

La denuncia fatta dall’imprenditore all’INAIL nella descrizione di quanto successo per l’infortunio accaduto al lavoratore può essere usata contro lo stesso datore di lavoro, anche se il dichiarante non ha la consapevolezza delle conseguenze giuridiche delle sue affermazioni.
Così hanno deciso i giudici della Cassazione (nella sentenza del 09 aprile 2013, n. 8611 allegata) condannando l’azienda (e di conseguenza le Compagnie di assicurazione), dopo che i giudici di merito, nelle due sentenze precedenti, avevano dato torto al dipendente infortunato.
In detta denuncia, infatti, emerge che il lavoratore “s’infortunava cadendo da uno scaffale” e non “scivolando” come invece sosteneva il datore di lavoro, per cui detto documento, ai sensi dell’art. 53 d.P.R. n. 1124/65, nella parte in cui descrive, sia pur succintamente, le modalità di accadimento e/o ogni altra circostanza di fatto, ha valore confessorio.
Una considerazione è che non si ripeterà mai abbastanza agli assicurati quanto sia importante impostare la denuncia di un sinistro.